dieta e insuccesso

PERCHÈ NON RIESCO A STARE A DIETA?

DI CHI È LA COLPA?

Articolo a cura della Dott. Lisa Gamberini, Psicologa, Motivatrice e Diet Coach.

A molti di noi è probabilmente successo, nel corso della vita – di fronte alle difficoltà con la dieta o a risultati insoddisfacenti – di porsi questa domanda…

In alcuni periodi può capitare, pur desiderandolo fortemente, di non riuscire a seguire le istruzioni ricevute con la necessaria precisione, di avere col cibo e con la dieta un rapporto ambivalente, di non riuscire a perdere peso o di faticare a mantenerlo stabile una volta raggiunto l’Obiettivo; a volte risulta chiaro alla persona perché questo avvenga, altre volte invece no.

Nella mia esperienza lavorativa mi trovo spesso a rapportarmi con persone che da anni si pongono  questa domanda – sovente con afflizione e tormento – senza essere mai riuscite a trovare una risposta soddisfacente; in mancanza di spiegazioni valide esse arrivano solitamente a concludere “è tutta colpa mia, sono debole, non ho carattere, non ho forza di volontà, sono incapace di avere un rapporto equilibrato con il cibo”.

Da esperta vi posso dire che lo sviluppo di questo genere di convinzione è assolutamente disfunzionale, e anche molto pericoloso.

E’ disfunzionale perché va a produrre emozioni demotivanti, relegando la persona nell’impotenza e condannandola realmente all’insuccesso proprio quando l’unica cosa che le serve sono nuove energie da investire in direzione dell’Obiettivo.

E’ pericoloso in quanto può generare vissuti di autosvalutazione così profondi da travalicare l’ambito strettamente dietologico e colpire l’identità in senso globale.

Questo è molto spesso ciò che capita a chi è in lotta con il peso da tanti anni, a chi nel corso della propria vita ha perso e ripreso peso più volte, cambiando tante diete, migrando da un professionista all’altro.

L’incapacità che queste persone si auto-attribuiscono, unitamente al malessere generato dal sovrappeso che periodicamente torna a creare disagio, va spesso a produrre una situazione paradossale in cui la persona ad un certo punto smette di provarci ma poi periodicamente riprende, affrontando il percorso di dimagrimento con ansia e con la segreta convinzione che “tanto è tutto inutile” e che non ce la farà mai...

Quale immaginate che possa essere l’esito di questi percorsi?

Ora io chiedo, a chi di voi vive sulla propria pelle quest’esperienza:

“Se hai difficoltà a seguire una dieta, se non hai raggiunto il risultato che desideravi…hai mai pensato che forse non è tutta colpa tua!?!”

Per trovare una risposta vera e concreta alla domanda “Di chi è la colpa se non riesco a stare a dieta?” è necessario mettersi in gioco con mente aperta, fare valutazioni obiettive a 360°, riguardanti sia il proprio ruolo – le dinamiche psico-comportamentali attuate davanti al cibo ed alla dieta – sia l’azione svolta da fattori esterni che vanno a condizionare l’esito del percorso (scelta del professionista, attivazione sinergica di altri canali d’intervento accanto alla restrizione alimentare, ecc…).

LE DOMANDE PER UN AUTOVALUTAZIONE

Se leggendo queste parole qualcuno si è accorto di non aver mai fatto una valutazione obiettiva,

può iniziare ponendosi le seguenti domande:

“In passato, quando non ho raggiunto il mio obiettivo….”:

1) mi era stato dato un programma alimentare per me “fattibile”?

   (cioè strutturato sulle mie abitudini di vita e caratteristiche psicologiche)

2) ho imparato a sostenere la mia motivazione con un lavoro specifico?

3) ho fatto onestamente tutto ciò che potevo per aumentare la mia efficacia?

4) ho chiesto aiuto di fronte alle difficoltà?

5) mi sono rivolto a dei professionisti specializzati?

6) in caso affermativo: mi è stato dato l’aiuto che mi serviva o sono stato lasciato solo/a di fronte ai problemi che ho incontrato?

7) mi sono stati dati strumenti “concreti” per provare a fronteggiare in modo più funzionale le mie difficoltà o ci si aspettava da me che cambiassi come “spingendo un interruttore”?

8) sono stato allenato nella gestione di sgarri e tentazioni?

9) mi è stato insegnato a sviluppare la giusta reazione davanti all’errore?

10) mi sono messo in gioco rispetto ai suggerimenti ricevuti dal mio professionista di fiducia o mi sono limitato a fare ciò che non comportava troppa fatica?

11) conosco le dinamiche che regolano il mio comportamento alimentare ed il mio rapporto col cibo?

12) mi è stato spiegato che la fame nervosa non è una “colpa” ma un fenomeno che va prima compreso e che poi può essere combattuto?

Se la risposta alla maggior parte di queste domande è “No” significa che non è stato ancora tentato tutto il possibile per raggiungere l’Obiettivo!

Molte altre carte possono essere giocate per ottenere maggiore successo….

Se non ti sono stati messi a disposizione tutti gli strumenti possibili…non è tutta colpa tua se finora non hai raggiunto il risultato desiderato!

La domanda cruciale ora è: “sei disposto a metterti in gioco in modo nuovo, con i professionisti giusti, e a diventare il protagonista attivo del tuo percorso di dimagrimento?

Il ruolo giocato dalla persona e il suo grado di impegno rimangono infatti l’ingrediente fondamentale del successo.

Quanto detto fino ad ora non intende infatti deresponsabilizzare l’individuo, ma liberarlo da quella parte di “colpa” affossante perché attribuitagli ingiustamente o non sostenuta dal giusto tipo di aiuto.

Perdere peso è una vera e propria abilità, che scaturisce dalla combinazione di svariati fattori, che partono dal “sapere” (cosa è utile mangiare, le proprietà degli alimenti, le giuste combinazioni degli stessi) e arrivano al “saper fare” (saper attuare i giusti comportamenti); tali fattori non conseguono l’uno all’altro solo e semplicemente perché con un intento razionale si decide che dev’essere così…non nella maggior parte dei casi, almeno.

Perchè questo collegamento funzioni e il dimagrimento proceda fluido e senza intoppi il percorso che collega proposito razionale e comportamento concreto deve presentarsi sufficientemente sgombro da ostacoli di tipo cognitivo, emotivo o comportamentale di una certa rilevanza; tutto ciò che la persona vive nel proprio mondo interiore (emozioni, desideri, paure, bisogni, convinzioni, ecc..) deve infatti presentarsi il più possibile “allineato” in direzione dell’Obiettivo….

Se questo non avviene, è normale che non si riescano a raggiungere risultati soddisfacenti!

Questo, purtroppo, non viene quasi mai spiegato alle persone…di conseguenza esse sviluppano la convinzione di essere loro ad essere incapaci e inefficienti di natura…spesso anche di essere le uniche a non riuscire a raggiungere quel risultato che invece tutti gli altri riescono a raggiungere.

Posso dirvi avere delle difficoltà  in un percorso di perdita di peso è assolutamente normale!

Non significa che siete persone incapaci o del tutto prive di “forza di volontà, ma semplicemente che umane!

Se ci si dispone verso il dimagrimento nel giusto atteggiamento mentale, cioè senza giudizio verso sè stessi ma contemporaneamente disponibili a mettersi in gioco con i giusti strumenti, le probabilità di successo crescono notevolmente!

Credo sia dunque utile proporre una revisione del modo di intendere alcuni concetti  che si rivelano fondamentali quando ci si confronta con un percorso di controllo del peso.

I concetti  di “Colpa” e di “Forza di Volontà”.

La mia prima proposta quindi è: iniziamo a parlare di “RESPONSABILITA’” anzichè di “COLPA”!

Quello di “Colpa” infatti è un concetto altamente svalorizzante, perché collega la persona all’idea di qualcosa di fortemente sbagliato – addirittura “moralmente” sbagliato – e che troppo spesso non rimane circoscritto ad un comportamento specifico (es. non ho saputo resistere alla tentazione ed ho mangiato il dessert) ma tocca e coinvolge la persona nel profondo, in ciò che “è”, poggiandole dunque sulle spalle un macigno pesante, sotto il quale continuare a muoversi ed a fare i giusti passi in direzione dell’Obiettivo diventa difficile.

Così come è fondamentale smascherare gli alibi che la persona si dà e le scuse che si racconta per autorizzarsi a mangiare quando non dovrebbe, allo stesso modo è necessario aiutarla a comprendere come i suoi errori siano l’esito della disfunzionale interazione di alcuni fattori interni, e non di un modo sbagliato di “essere”.

Desiderare il cibo non è una colpa, ma qualcosa di perfettamente naturale!

E’ se e come decido di gestire – o di non gestire – questo desiderio che determina il mio successo o il mio insuccesso…

In ogni caso la valutazione delle azioni attuate nella gestione del cibo va assolutamente scorporata dalla valutazione di Sé!

Al termine “Colpa” propongo dunque di sostituire il ben più equilibrato e rispettoso concetto di “Responsabilità”: la “Responsabilità” rimanda e sottolinea il “Ruolo Attivo” che l’individuo svolge in una determinata scelta o situazione – egli è “responsabile” perché interviene a determinarne l’andamento – ma questo non significa di certo che tutto il suo valore di persona sia in gioco in quello specifico comportamento.

Usando il termine “Responsabilità” si riconosce automaticamente che commettere un errore obiettivamente è possibile, e che se anche non si è infallibili si può lavorare per perfezionarsi, favorendo lo spostamento dell’attenzione dalla sterile svalorizzazione ad una più funzionale comprensione di cosa ha condotto all’errore e cosa è possibile fare per evitare che si ripeta.

Il concetto di Responsabilità dunque restituisce Valore e Potere alla persona.

IL CONCETTO DI FORZA DI VOLONTA’

Allo stesso modo è fondamentale chiarire come va inteso il famoso concetto di “Forza di Volontà”.

Nel vissuto comune, a seguito di una serie di condizionamenti che partono dall’educazione familiare e arrivano a quanto rimandato dai professionisti stessi, la Volontà viene vista come una fantomatica capacità di autoregolarsi che esiste a prescindere nell’individuo e che, nelle persone “valide”, funziona perfettamente.

Questo fa sì che chi incontra difficoltà nel rispettare i propri propositi – come accade nello “sgarro” alla dieta – inizi a pensare di essere “diverso”, “da meno” rispetto agli altri e di non avere affatto forza di volontà; la forza di volontà viene vista come qualcosa che o c’è o non c’è, e questo fa sì che – a seconda che la si ritenga un merito o un dono del fato – il mondo venga diviso in persone brave/fortunate che la possiedono e possono quindi raggiungere i propri obiettivi di peso e in altre deboli/sfortunate che non la possiedono, e che dunque sono condannate a fallire ed a rimanere in sovrappeso.

Pur non essendo possibile negare l’esistenza di caratteristiche di personalità che rendono più facile o più difficile, più frequente o più raro, esercitare un valido autocontrollo in questo come in altri settori della vita, non è assolutamente corretto pensare che la Volontà sia una qualità di stampo dicotomico – cioè o presente o assente – né una caratteristica che individua persone di “Serie A” e persone di “Serie B”, quanto piuttosto una funzione collocata su un continuum ed esercitata in maniera variabile nei diversi contesti.

Credo sia dunque indispensabile introdurre un modo nuovo, più utile e realistico, di intendere la Forza di Volontà, che restituisca alla persona la possibilità di riscattarsi, nonostante i passati insuccessi.

La Volontà va quindi intesa come una funzione dinamica, che tutti di base possiedono ma che sanno esercitare con diversi gradi di efficacia nelle varie situazioni, in base anche all’interferenza prodotta da vari fattori interni…

La Forza di Volontà quindi è una funzione che può essere implementata con il giusto metodo ed una adeguato allenamento!

Credo sia una sfida interessante che vale la pena di cogliere…chi è d’accordo con me?

Articolo a cura della Dott.ssa Lisa Gamberini, Psicologa, Motivatrice e Diet Coach.

Tra le sue specializzazioni:

-GESTIONE DEL PESO, DELLA FAME NERVOSA E  DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

-TERAPIA DEL SOVRAPPESO / OBESITA’ 

 -PERSONAL TRAINER 

 -EDUCATORE ALIMENTARE

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foto dott.ssa Gamberini psicologa