Sole, metabolismo e immunità: la vitamina D come pilastro del benessere
“Il sole mi è entrato nelle vene e ha trasformato tutto in oro”, afferma la romanziera dallo pseudonimo Elizabeth von Arnim. Allora il pensiero che ci sorge spontaneo è come può non essere una colonna portante del nostro benessere una vitamina che si attiva proprio grazie all’azione del sole?
Non credete che la protagonista di questo articolo meriti un adeguato approfondimento? Se sì, siamo ben lieti di proporvi questo lavoro.
La vitamina D
La vitamina D, vitamina liposolubile che si accumula nel fegato, si presenta essenzialmente in due forme: ergocalciferolo, o vitamina D2, e colecalciferolo, o vitamina D3.
- La vitamina D3, che può essere assunta con alimenti di origine animale, tra cui soprattutto olio di fegato di merluzzo e pesci grassi come salmone, sgombro, sardine, aringhe e acciughe, ma anche carne di maiale e vitello, tuorlo d’uovo, latte e suoi derivati e fegato, deriva principalmente da un precursore sintetizzato nell’organismo, il 7-deidrocolesterolo, il quale, nello strato basale dell’epidermide, per esposizione ai raggi UVB della luce solare, si trasforma nella sua forma attiva, la vitamina D3.
- La vitamina D2, forma meno attiva della D3, deriva dall’irradiazione di un precursore, l’ergosterolo, sintetizzato dalle piante e quindi è assunta con alimenti di origine vegetale, quali verdure verdi e funghi.
Le due forme di vitamina D, dopo aver subito trasformazioni sequenziali nel fegato e nel rene ad opera di due enzimi (rispettivamente l’alfa-25 idrossilasi, isoforma epatica, e l’alfa-1 idrossilasi, isoforma renale) che le convertono nella forma biologicamente attiva, 1,25-diidrossicolecalciferolo (o calcitriolo), svolgono una serie di funzioni essenziali per l’organismo. La più nota è certamente il mantenimento dell’equilibrio del metabolismo del calcio e del fosforo, azione svolta di concerto con altri due importanti ormoni proteici, la calcitonina ed il paratormone, prevalentemente su tre “bersagli”: osso, rene ed intestino.
La vitamina D, infatti, stimola il riassorbimento di calcio e fosforo da questi distretti, causando un incremento del livello plasmatico di questi ioni.
La calcitonina antagonizza l’azione della vitamina D e favorisce la deposizione ossea di calcio e fosforo, riducendone il tasso ematico quando questo risulta elevato.
Il paratormone promuove l’incremento del calcio plasmatico abbassando al contempo i livelli di fosforo nel sangue e la sua azione, soprattutto a livello osseo, viene “permessa” dalla vitamina D.
L’attività sinergica di questi tre ormoni (già, perché anche la vitamina D, in realtà, rientra in questa categoria) favorisce la mineralizzazione di ossa e denti, il corretto funzionamento e l’efficace contrazione di muscolo scheletrico e cardiaco e l’adeguata trasmissione nervosa.
È noto inoltre come la sintesi della vitamina D sia fortemente stimolata in certe situazioni fisiologiche quali gravidanza, allattamento ed accrescimento, tappe di vita durante le quali è indispensabile un maggior apporto di calcio che la vitamina D è in grado di fornire.
Studi recenti
Scoperte più recenti hanno confermato anche effetti pleiotropici della vitamina D nell’ambito metabolico, immunitario e cardiovascolare.
Una corretta assunzione giornaliera
Per quanto concerne l’assunzione giornaliera necessaria, essa è pari a 400 U.I/die in soggetti sani con assenza di fattori di rischio.
Quindi una dieta sana ed equilibrata, in associazione con l’esposizione ai raggi solari per circa mezz’ora al giorno della cute di volto e arti superiori, dovrebbe garantire il soddisfacimento del fabbisogno.
Carenze e rischi
Si incorre nel rischio di carenza di tale vitamina (valori inferiori a 50 nmol per litro) nei seguenti casi:
- per la scarsa esposizione ai raggi solari
- una dieta squilibrata o povera di grassi
- l’assunzione di alimenti che subiscono processi di cottura eccessiva che implica una perdita di tale vitamina
- malattie intestinali che esitano in malassorbimento (una su tutte, la celiachia)
- insufficienza renale cronica, insufficienza epatica, deficit degli enzimi sopra citati che sono essenziali per la sintesi della forma attiva della vitamina.
Fabbisogni giornalieri
In tutte queste condizioni il fabbisogno sale a circa 800-1000 U.I/die.
Quando é necessaria un’ integrazione
Una piccola ma doverosa riflessione va fatta nei confronti delle persone anziane, che spesso richiedono un’integrazione di vitamina D: questi soggetti, rispetto alle altre fasce della popolazione, presentano un introito alimentare minore in termini quali-quantitativi, l’assorbimento dei cibi è più limitato, si espongono per un tempo inferiore ai raggi solari e presentano un tasso d’incidenza maggiore delle patologie elencate poche righe più su. Queste circostanze conducono inevitabilmente ad una deficienza di vitamina D che, al di sotto di una certa soglia plasmatica, necessita di un apporto farmacologico e non più solo alimentare.
Conseguenze della carenza
Una sua carenza può portare a serie problematiche tra cui
- ipocalcemia,
- ipofosforemia
- ipocalciuria
- scarsa mineralizzazione e densità ossea
Con conseguenze come osteomalacia e osteoporosi nell’adulto e rachitismo nel bambino.
Obesità e vitamina D
Per di più è stato osservato che un’insufficienza di vitamina D sembra predisporre a condizioni come obesità, diabete, ipertensione nonchè sindrome metabolica.
Infatti, è stato dimostrato che la percentuale di massa grassa (stimata mediante esame bioimpedenziometrico) di un soggetto obeso apparentemente sano, si associa negativamente ai livelli sierici di vitamina D, indipendentemente da altri fattori come età, sesso, insulinemia, pressione arteriosa, distribuzione del tessuto adiposo; parallelamente, il calo ponderale permette uno spontaneo incremento di tale vitamina, senza la necessità di una sua supplementazione.
Allo stesso tempo bisogna considerare che i soggetti con obesità addominale e con un BMI (Body Mass Index) che denota un eccesso ponderale sono più facilmente affetti da complicanze metaboliche quali iperinsulinemia, insulino-resistenza, steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e infiammazione sistemica di basso grado, che favoriscono a loro volta la condizione di ipovitaminosi.
Metabolismo
Per quanto riguarda l’aspetto metabolico, livelli più elevati di vitamina D possono modificare anche la sintesi di alcuni ormoni strettamente correlati all’obesità. È stato dimostrato infatti che correggendo i livelli sierici della vitamina si verifica un aumento della sintesi di adiponectina (adipochina con azione antinfiammatoria prodotta dal tessuto adiposo che interviene nel metabolismo degli zuccheri e dei grassi, aumentando la sensibilità all’insulina) con una risultante perdita di peso e contemporaneamente si ottiene una riduzione dei livelli del suo antagonista, la leptina, ormone sempre prodotto dal tessuto adiposo che è invece associato alla condizione di obesità e di incremento ponderale.
Evidenze scientifiche recenti
Le evidenze scientifiche più recenti, inoltre, hanno dimostrato che livelli di vitamina D più elevati si associano anche ad un aumento del dispendio energetico a riposo, il cosiddetto “metabolismo basale” (RMR), quindi ad un migliore controllo del peso corporeo.
In caso di obesità che, come abbiamo visto, si correla con una riduzione della vitamina D, sia gli adipociti che le cellule del sistema immunitario aumentano notevolmente infiltrando il tessuto adiposo, secernendo un alto numero di molecole responsabili di processi infiammatori con alterazione del rapporto tra le cellule del sistema immunitario Th17 (che promuovono l’infiammazione con produzione di citochine pro-infiammatorie) e T regolatorie (T-reg, che producono molecole antiinfiammatorie) favorendo un aumento delle prime sulle seconde; tale fenomeno promuove quindi i processi infiammatori e comporta al contempo un’alterazione del microbiota intestinale che svolge una serie di funzioni essenziali per il nostro organismo (per approfondire il microbiota leggere l’altro articolo presente nella sezione del blog dal titolo:
“Microbiota ed infiammazione subclinica silente: l’importanza dell’alimentazione”).
In linea di massima, a prescindere dalla condizione di obesità, recenti scoperte hanno evidenziato l’azione immunoregolatoria della vitamina D, per la presenza di recettori sulle cellule del sistema immunitario, come monociti e macrofagi, in grado di riconoscere e legare un suo metabolita.
Ma c’è di più: la vitamina D pare capace di stimolare la sintesi di composti antimicrobici sia da parte delle cellule del sistema immunitario che da parte delle cellule che rivestono l’epitelio respiratorio.
Quindi la vitamina D ha un duplice ruolo, ovvero è in grado di attivare il sistema immunitario, contrastando le infezioni, e di attenuare la risposta infiammatoria quando questa è eccessiva e può provocare malattie infiammatorie croniche e patologie autoimmuni.
Numerose evidenze affermano che recettori per la vitamina D siano stati individuati su
- cellule dell’encefalo
- prostata
- mammella
- colon
Il che suggerisce un’azione anche in questi distretti corporei.
Infine pare che la vitamina D sia coinvolta nella riduzione della proliferazione di cellule tumorali.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto detto non rimane il minimo dubbio che questa vitamina sia in possesso di proprietà straordinarie capaci di offrire e garantire il benessere e l’equilibrio metabolico, energetico ed immunitario del nostro organismo. Tante sue funzioni sono state scoperte e molte altre rimangono ancora avvolte nel mistero, pronte per essere svelate.
Ma si sa, “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”: la vitamina D, anche se definita come tale, è in realtà un ormone a tutti gli effetti e, soprattutto in ambito farmacologico, il suo utilizzo dovrebbe essere responsabile e razionale, in quanto un eccesso è altrettanto, se non a volte più temibile, di una carenza.
Fonti:
A. Zangara, A. Zangara, D. Koprivec , “Dietologia” 2014, Piccin editore
B. ADI, “Attualità in dietetica e nutrizione clinica” 2019, Pacini editore
C. ADI, “Attualità in dietetica e nutrizione clinica” Settembre 2018, a cura di G. Fatati et al.
Autori dell’articolo
Dottt.ssa Sara Rescigno, biologa nutrizionista specializzanda in Scienza dell’Alimentazione
Dott. Francesco Gallo, Medico chirurgo specializzando in Scienza dell’Alimentazione
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